Una piaga in ascesa

Storie di madri, di figlie, di amiche, colleghe, conoscenti finite nella falce del femminicidio

 

Victoria a Concordia Sagittaria, Roberta a Caccamo, Tiziana ad Ortanova, Teodora e il piccolo Ludovico a Carmagnola: storie di madri, di figlie, di amiche, colleghe, conoscenti finite nella falce del femminicidio alle porte di questo nuovo anno. Un anno che risente pesantemente degli strascichi di quella “pandemia ombra”, così com’è stata definita dall’agenzia dell’ONU per l’uguaglianza di genere, che ha caratterizzato il 2020 con 91 vittime, secondo quanto stimato dall’Eures.

Numeri che hanno trovato nel lockdown uno spaventoso alleato e un silente sostenitore della violenza domestica, avendo la pandemia contribuito ad amplificare la solitudine, l’isolamento, la difficoltà della donne a contattare i CAV per allontanarsi da convivenze insostenibili e al contempo “obbligate”.

Come ribadisce Simone de Beauvoir (1949), il femminile «sembra essere l’inessenziale che non diventa mai l’essenziale», a riprova dell’esistenza di rigidi modelli culturali che alimentano visioni tradizionali e stereotipate dei generi, in cui il sesso femminile è ancora condannato ad una posizione di inferiorità e subordinazione al genere maschile. Gli uomini violenti sembrano essere figli di una società che tollera comportamenti offensivi nei confronti delle donne, considerandoli assolutamente normali; di famiglie che fingono di non vedere; di una scuola spesso impreparata e indifferente. Un’altalena che non conosce alternanza, dove le donne sopportano in silenzio compagni o mariti violenti nel timore di non essere credute o sostenute mentre gli uomini appaiono sempre più incapaci di dialogare con la parte femminile di sé. Una spaventosa cartina di tornasole della relazione di potere scritta nel rapporto tra i generi e difficile da sradicare.

Ma è pur vero che «la nostra epoca ha il compito di pensare la differenza sessuale, cioè di rappresentare in modo nuovo la differenza tra uomini e donne e tutto ciò che si declina diversamente in relazione ad essa» (Irigaray, 1992) e se la voce delle donne fatica spesso a venir fuori, perché intrappolata in una spirale di violenza che ne paralizza l’agire e l’iniziativa, i servizi, le istituzioni, la rete parentale o amicale possono e devono fungere da cassa di risonanza, amplificandola, portandola all’attenzione di chi può accoglierla, indirizzandola o talvolta facendosi portavoce del suo grido.

Affinché la violenza non resti una “voce fuori dal coro” ma trovi spazio all’interno di una polifonia gruppale che la rinvigorisce e la potenzia.

Perché «il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta e il battito del cuore di chi ascolta» (Khalil Gibran)

Di seguito i link per ulteriori approfondimenti sulle notizie di cronaca:

https://femminicidioitalia.info/2021/gennaio/16/victoria-osagie-moses-ewere-concordia-sagittaria-venezia

https://femminicidioitalia.info/2021/gennaio/24/roberta-siragusa-pietro-morreale-calogero-caccamo-palermo

https://bari.repubblica.it/cronaca/2021/01/28/news/donna_uccisa_a_coltellate_a_orta_nova_il_legale_della_famiglia_e_stato_un_femminicidio_il_46enne_fermato_tace-284667167/

https://torino.repubblica.it/cronaca/2021/01/29/news/carmagnola_strage_uccide_moglie_e_figlio-284705912/

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